venerdì 23 aprile 2010

SCIENZA,COSCIENZA E DIO di Peter Russel

Per leggere l'articolo nella sua interezza è possibile visitare 
http://stazioneceleste.blogspot.com/2009/10/scienza-coscienza-e-dio.html
Un sé vacillante

Poiché la sensazione di essere un sé individuale e unico è tanto forte, continuiamo a cercarci un’identità fenomenica. Troviamo un senso d’identità nei nostri pensieri e ricordi, nel nostro corpo e nel nostro aspetto, in ciò che facciamo e in ciò che abbiamo realizzato. Ma un tale sé è perennemente alla mercé degli eventi. Perciò ci diamo tante arie, compriamo una quantità di oggetti di cui non abbiamo veramente bisogno e diciamo una quantità di cose che non intendiamo veramente dire, il tutto per puntellare questo senso di identità fittizio.

Quando questo sé si sente minacciato, tende a mettere in moto la paura. La paura è utilissima quando abbiamo a che fare con una minaccia che riguarda il nostro essere fisico. Non dureremmo a lungo senza di essa. Ma non è una risposta appropriata a una minaccia che riguarda un’identità psicologica artificiale. In questa forma la paura non aiuta, bensì danneggia la nostra sopravvivenza, e in vari modi.


La paura induce stress e di conseguenza porta a varie malattie fisiche, mentali ed emotive. Il timore che venga leso il nostro senso di identità ci porta a giudicare le persone con cui viviamo e con cui entriamo in contatto. Una mente giudicante tende a essere critica e aggressiva, non compassionevole e amorevole. La paura inoltre porta con sé l’ansia. Andiamo in ansia per ciò che abbiamo fatto in passato e per ciò che può accaderci in futuro. E mentre la nostra attenzione si fissa sul passato o sul futuro, essa non è nell’attimo presente.

La più triste e ironica conseguenza di ciò è che l’ansia ci impedisce di trovare proprio ciò che cerchiamo. Fondamentalmente, tutti vogliamo star bene. Naturalmente vogliamo evitare il dolore e la sofferenza e vogliamo sentirci in pace. Ma una mente ansiosa non conosce pace.

Gli altri animali, privi di linguaggio e di pensiero discorsivo, non hanno bisogno di rafforzare un illusorio senso di identità e perciò non conoscono queste paure. Probabilmente si sentono in pace molto più spesso di noi.

Trascendere il linguaggio
Sembra che la medaglia del linguaggio abbia anche un’altra faccia. Il linguaggio è impareggiabile per condividere conoscenza ed esperienza. Senza di esso la cultura umana non esisterebbe. E parlare interiormente a noi stessi può esser utilissimo quando abbiamo bisogno di concentrare l’attenzione su qualcosa, analizzare una situazione o fare dei piani. Ma altrimenti gran parte del nostro pensare è completamente inutile. Quando osservo l’attività della mia mente, trovo che di un novanta percento dei miei pensieri potrei fare a meno con vantaggio.

Se metà della mia attenzione è catturata dalla voce che parla nella mia testa, quella metà non è disponibile per notare altre cose. Non mi accorgo di quello che sta accadendo intorno a me. Non odo il canto degli uccelli, il fruscio del vento e lo scricchiolio degli alberi. Non noto le mie emozioni e le sensazioni nel mio corpo. In effetti, sono cosciente solo a metà.

Solo perché abbiamo il dono del pensiero discorsivo, non significa che dobbiamo tenerlo in funzione tutto il tempo. Questo fatto è sottolineato da molti insegnamenti spirituali. La maggior parte di questi insegnamenti comprende tecniche di meditazione o di preghiera atte ad acquietare il dialogo interno e a fermare la mente. Questo è il significato letterale del termine indiano samadhi: ‘una mente in quiete’.
Una mente tranquilla è più capace di essere nel presente ed è più in pace. È lo stato naturale della nostra mente, la nostra eredità evolutiva. È lo stato di grazia al quale vogliamo ritornare, lo stato di grazia da cui siamo caduti quando il linguaggio si è impadronito della nostra coscienza.

Inoltre, dicono i saggi, quando la mente è completamente immobile riconosciamo la nostra vera identità. Come ha detto la Chandogya Upanishad tremila anni fa: “ Ciò che è l’essenza di tutte le cose, Quello sei Tu.”

Una scienza della coscienza?
La scienza ha esplorato le profondità dello spazio, le profondità del tempo e le profondità della struttura della materia senza trovare né un luogo né la necessità di Dio. Ora che ha cominciato a occuparsi della coscienza, ha intrapreso un cammino che alla lunga la porterà a esplorare le ‘profondità della mente’. Questa esplorazione la costringerà forse ad aprirsi a Dio. Non all’idea di Dio che troviamo nelle religioni attuali - che si sono distorte e impoverite nella trasmissione da una generazione all’altra, da una cultura all’altra, da una lingua all’altra - ma al Dio di cui gli insegnamenti parlavano in origine, l’essenza del nostro sé, l’essenza della coscienza.


Questa possibilità è anatema per l’attuale super-paradigma scientifico. È un po’ come quando Galielo disse al Vaticano che la terra non era il centro dell’universo. Ma se c’è nella scienza una certezza, essa è che tutte le certezze cambiano col tempo. I modelli scientifici attuali sono, in quasi tutti i campi, radicalmente diversi da quelli di duecento anni fa. Chi sa come saranno i paradigmi del prossimo millennio?


Una scienza che includesse in sé le profondità della mente sarebbe veramente una scienza unificata. Essa capirebbe l’origine ultima di tutte le nostre paure inutili, capirebbe perché non viviamo la vita nella pienezza del suo potenziale, perché non siamo in pace interiormente. Una tale scienza contribuirebbe allo sviluppo di tecnologie interiori per acquietare la mente e trascendere le nostre paure. Ci aiuterebbe a diventare padroni anziché schiavi del nostro pensiero, in modo da convivere con questo accidente dell’evoluzione traendo profitto dai suoi benefici, ma senza permettergli di riempire la nostra mente al punto di farci perdere di vista altri aspetti della nostra realtà - ivi inclusa la nostra vera natura interiore. Non è forse questo un programma che vale la pena di realizzare?
.
Peter Russell, che è una delle figure di punta dello Human Potential movement, è membro dell’Institute of Noetic Sciences, della World Business Academy, della Findhorn Foundation ed è membro onorario del Club di Budapest. Fra i suoi libri:Il risveglio della mente globale. Dalla società dell’informazione all’era della coscienza (Apogeo/Urra, 2000), From Science to God, Waking Up in Time e The Consciousness Revolution (con Stanislav Grof ed Ervin Laszlo). Ken Wilber lo ha definito ‘una delle più belle menti del nostro tempo’.
Il suo web site è www.peterussell.com
Questo articolo è apparso originalmente su “New Renaissance” magazine, (www.ru.org)


Traduzione di Shantena Sabbadini.


Copyright per l’edizione Italiana: Innernet.


Nessun commento: